La storia della Repubblica è strettamente collegata alla figura di Marino, fondatore e patrono della terra che porta il suo nome.
I numerosi testi agiografici sulla vita del Santo, scritti a partire dal X secolo, conservati nelle più importanti biblioteche italiane, narrano che ai tempi delle persecuzioni contro i cristiani, nel 257 circa dopo Cristo, gli imperatori romani Diocleziano e Massimiano promulgarono un editto per la ricostruzione delle mura e delle fortificazioni di Rimini, distrutte da Demostene re dei Liburni.
Fra le molte persone provenienti dalla Dalmazia, giunsero Leo e Marino, uomini di religione cristiana, abili tagliatori di pietra, originari dell’isola di Arbe.
Terminati i lavori di riedificazione, i due amici si dedicarono alla predicazione del Vangelo, fino al momento in cui decisero di ritirarsi l’uno sul monte Feretrio (oggi dal suo nome chiamato San Leo), l’altro sul monte Titano.
Marino era uomo giusto e caritatevole, devoto e rispettoso: la fama della sua saggezza e dei suoi prodigi si diffuse anche nelle comunità vicine.
Significativa fu la miracolosa guarigione di Verissimo, figlio di Felicita, proprietaria del monte Titano, che era rimasto paralizzato.
In segno di gratitudine, la nobildonna si convertì al cristianesimo insieme con tutte le cinquantatré persone della sua famiglia e donò al Santo e ai suoi successori perpetuo possesso del monte.
Marino continuò a vivere sul monte, dapprima in solitudine, poi accolse altri fedeli e costituì una prima comunità.
La sua morte avvenne il 3 settembre di un anno non precisato.
La tradizione fa risalire l’evento al 301 d.C., ma studi più approfonditi evidenziano inesattezze nelle datazioni proposte dalle biografie e suggeriscono l’ipotesi che la vita di San Marino sia collocabile in un periodo posteriore.
Scarse sono le fonti storiche che permettono di ricostruire gli avvenimenti accaduti nell’Alto Medioevo.
Nel VI secolo, come attesta una lettera inviata nell’anno 511 dal monaco Eugippio al diacono Pascazio, sicuramente sul monte Titano esisteva un monastero retto da un abate.
Un documento risalente all’anno 754 – La promessa di Quierzy, intercorsa fra il re dei Franchi Pipino il Breve e il papa Stefano II – cita per la prima volta il Castello di San Marino, quindi si può supporre che l’insediamento monastico avesse assunto le caratteristiche di un borgo fortificato.
E’ del 951 un diploma del re d’Italia, Berengario II, redatto nella Pieve di San Marino; insieme al Placito Feretrano del 20 febbraio 885, testimonia la presenza di una comunità raccolta attorno ad una Pieve.
Scritti successivi, conservati nell’Archivio di Stato – Donazione di Uberto Tebaldo e Lavinia ad Atonio prete e notaio della Pieve di San Marino del 1113; Bolla di papa Onorio II del 1125; Atto di donazione di Giovanni abate di San Gregorio in Conca a Raniero pievano di San Marino del 1219 – permettono di affermare che la Pieve, protetta dalle mura del castello, era diventata il centro della vita politica, sociale, economica e religiosa della comunità sammarinese.
Già nella prima metà del XIII secolo San Marino aveva un’organizzazione di tipo comunale: era governata da un Arengo (Assemblea dei Capi-famiglia) con potere legislativo; era retta da due Consoli; aveva propri statuti, ma continuavano le controversie con la Chiesa che intendeva esercitare il controllo sulla comunità e rivendicava il diritto di imporre dazi e tributi.
Un importante documento, il Rotolo cartaceo del 1296, ci informa di una causa processuale fra il comune di San Marino e il vicario del Montefeltro, circa il pagamento del salario del Podestà.
Fra le varie testimonianze, particolarmente rilevante fu quella di Pagano, prete e rettore della chiesa di San Giovanni sotto le Penne, il quale sostenne che Marino aveva ricevuto in possesso il monte da donna Felicità; dichiarò di aver visto l’atto di donazione e ribadì che San Marino era terra libera non soggetta ad alcuno, quindi esente da qualsiasi tributo.
Nel Trecento, San Marino presentava le caratteristiche di una cittadina medioevale fortificata: nel1361 venne completata la costruzione della Chiesa di San Francesco e si consolidarono le fortificazioni con la costruzione della terza cinta muraria che racchiudeva tutto l’abitato.
L’Arengo dei Capi-famiglia, divenuto evidentemente troppo numeroso, venne sostituito da un Consiglio composto da sessanta membri.
Il XV secolo fu per San Marino il periodo dell’espansione territoriale.
In seguito alle guerre combattute a fianco dello Stato Pontificio contro i Malatesta, signori di Rimini, San Marino ottenne il dominio dei castelli di Fiorentino, di Montegiardino e di Serravalle, come si evince dalla Bolla del papa Pio II del 1463.
Fu anche il secolo nel quale, grazie all’alleanza con i duchi di Urbino, l’autonomia della Repubblica si consolidò e fu riconosciuta dalle signorie confinanti e da potenti stati italiani.
Da quel momento si delineò l’assetto definitivo del territorio della Repubblica, rimasto invariato nel corso del tempo.
Nel XVI secolo si verificarono diversi tentativi di occupazione: nel 1503 da parte di Cesare Borgia; nel 1543 fu Fabiano da Monte San Savino a tentare di invadere la Repubblica senza riuscirvi e nel 1560 Leonardo Pio, signore di Verucchio, si avvicinò alle mura, ma i Sammarinesi riuscirono a sventare l’incursione.
Il Seicento si contraddistinse per la pubblicazione di una raccolta legislativa importante: “Statuti decreti e ordinamenti dell’illustre Repubblica”, contenente tutto il materiale statutario, ampliato e disposto organicamente, ma fu anche caratterizzato da un periodo di decadenza e di discordie interne che portarono, nel 1739, all’occupazione di San Marino da parte del cardinale Giulio Alberoni di Ravenna.
I Sammarinesi con il sostegno di Austria, Francia e Spagna, si rivolsero al papa Clemente XII e il 5 febbraio 1740 la Repubblica riacquistò la libertà.
Nel 1797 Napoleone Bonaparte inviò a San Marino il generale Monge per esprimere sentimenti di amicizia e per offrire alla Repubblica un ampliamento territoriale, ma con saggezza Antonio Onofri pur manifestando gratitudine all’imperatore, rifiutò l’offerta.
Riconosciuta nella sua indipendenza da parte del Congresso di Vienna del 1815, la Repubblica continuò a dare asilo ai rifugiati politici e agli oppressi.
Fra questi, Giuseppe Garibaldi che, inseguito dall’esercito austriaco, trovò scampo a San Marino il 31 luglio 1849.
Verso la fine del XIX secolo e l’inizio del XX si ebbe una preoccupante crisi economica, politica e sociale.
Si era instaurato un regime di tipo aristocratico e oligarchico; il Consiglio Principe e Sovrano eleggeva i suoi membri per cooptazione e a vita; il popolo esigeva una partecipazione più democratica alla vita del Paese.
Fu così che il 25 marzo 1906 venne convocato in seduta straordinaria l’Arengo Generale dei capi-famiglia che deliberò l’abolizione del consiglierato a vita e il rinnovo dei membri mediante elezione.
La crisi economica però non si risolse e molti cittadini sammarinesi, per motivi di lavoro, furono costretti ad abbandonare il Paese per emigrare negli Stati Uniti, in Argentina, in Francia e in Belgio.
Durante le guerre mondiali, volontari sammarinesi combatterono a fianco dei soldati italiani ed in particolare nel periodo del secondo conflitto San Marino, stato neutrale, in coerenza con i principi dell’ospitalità e del mutuo soccorso, accolse nel proprio territorio, oltre 100.000 profughi provenienti da Rimini e dai comuni circostanti.
Oggi, la Repubblica mantiene la sua peculiarità di Stato democratico e indipendente e ha rappresentanti diplomatici e consolari in numerosi stati del mondo.